Il nome di Enzo Pontoni è avvolto in un alone di mistero, anche il navigatore si perde tra le viuzze di Buttrio nel cercare la strada per arrivare alla sua cantina! Quello che sappiamo è che i suoi vini vengono venduti nei più importanti mercati vinicoli d’Italia e del mondo e che la bassissima produzione fa lievitare i prezzi raggiungendo cifre non comuni in Friuli Venezia Giulia! Così quando tramite una collega sommelier riesco a sorpresa a strappare un appuntamento con lui, sono emozionatissima e curiosa di conoscere questo guru dell’enologia friulana.
L’incontro è fissato verso le 4 di un sabato pomeriggio, ci accoglie dal balcone di casa la mamma Edda, che con il fare della perfetta padrona di casa ci dice:< Enzo è ancora in vigna, vedrete che tra poco arriverà>; e infatti dopo pochi minuti eccolo arrivare sul suo trattore. Un uomo alto, con due mani grandi da contadino e uno sguardo sincero e diretto, all’inizio è quasi imbarazzato e non sa bene da dove cominciare ma pian piano si apre e inizia a raccontarci di sé.
La sua era un famiglia di mezzadri, sia da parte di mamma, sotto la proprietà dell’antico Ordine di Suore delle Zitelle, sia da parte del papà sotto la famiglia nobile dei Morpurgo, per cui Enzo è cresciuto in una famiglia contadina imparando sin da bambino tutto ciò può essere utile in una fattoria. A 14 anni va a lavorare in fabbrica come metalmeccanico, a quei tempi non è che si potesse molto scegliere cosa fare, e lui impara anche l’arte di costruire e aggiustare macchinari, cosa che poi gli tornerà utile negli anni a venire.
Prima di tornare nei vigneti per qualche anno lavora su una unità di imbottigliamento mobile e un giorno chiede all’enologo che era con lui sul camion se poteva insegnargli qualcosa sulle tecniche di vigna e di cantina, ma questo gli risponde: devi far da solo, devi farti le tue esperienze.
Così lui studia, prova, sperimenta, per fortuna è sempre stato un lettore appassionato e si dota di una biblioteca di tutto rispetto, acquisendo una conoscenza notevole sulla Borgogna, mentre il saper fare in campagna gli viene naturale. Fino al 1987 in famiglia avevano una “frasca” (piccola osteria) dove vendevano il vino di famiglia sfuso, le prime bottiglie escono nel 1985 e grazie a Tullio Zamò, che era un cugino del papà, vengono fatte conoscere ai ristoranti più rinomati della regione, come all’Androna di Grado o Da Boschet a Latisana, ricevendo subito grandi consensi. Da lì ai 3 bicchieri del Gambero Rosso il passo è breve.
Ma qual è lo stile di Enzo Pontoni? Da sempre predilige rese molto basse, che gli danno al massimo 10 ettolitri a ettaro, e con il biologico ogni tanto qualche annata si perde. Ma non importa, Enzo non scende a compromessi, le sue idee di una viticoltura pulita, il suo rispetto per l’ambiente vengono prima di tutto. Il terreno viene nutrito praticando il sovescio, le erbe si piantano in genere in ottobre e si tagliano nel mese di aprile, prima della fioritura. Usa un miscuglio di leguminose, che danno sostanze azotate, graminacee che aumentano la portanza del terreno e crucifere che andando in profondità con le radici apportano ossigeno. Quando il terreno è umido col trattore in vigna non si va, la componente di argilla di questi suoli non può essere troppo compressa altrimenti si compatta e ci vogliono anni per recuperarne la vitalità. Per ogni vigneto ha una ricetta diversa, come un padre con i suoi figli, di cui sa valorizzare i pregi e attutire i difetti.
Oggi Enzo possiede orgogliosamente circa 20 ettari di vigneti nei Colli Orientali del Friuli, sparsi tra Buttrio, Rosazzo e Gramogliano, più qualche ettaro in affitto. Tutto terreno collinare, la classica ponca friulana, struttura stratificata composta da marne ed arenarie, risalente al periodo eocenico (60-80 milioni di anni fa) e povero di sostanze azotate, dove però da sempre la vite trova la sua massima espressione. Continua a sperimentare, mantenendo una grande attenzione in vigna e passando negli anni da potature ridottissime con una produzione di due grappoli per pianta ad una filosofia meno interventista e più naturale.
Ci confida che in questo momento vorrebbe dedicarsi soprattutto ai vitigni autoctoni, friulano, malvasia, ribolla, refosco, ma continua a mantenere i vigneti di sauvignon e chardonnay perché ora le vigne hanno raggiunto una bella maturità e donano vini di grande complessità e longevità, conosciuti e richiesti in tutto il mondo. Nel vigneto storico di Montsclapade sta impiantando nuove varietà alla maniera di una volta, andando alla ricerca di vitigni autoctoni antichi da reinserire in piccole quantità, mischiando più vitigni insieme per ottenere una maggiore complessità, data sempre dalle piante e dal terreno. Vigneti misti con vitigni che maturano tardivamente, mantenendo un basso grado alcolico che darà loro la possibilità di evolversi con l’affinamento in botte, sia per i bianchi che per i rossi.
35 anni di esperienza nel vino gli fanno dire oggi che la vita è troppo corta per riuscire a comprendere tutto. Il suo vino ideale lui ce l’ha in mente da anni e a volte gli sembra di percepirne il sapore sul palato. Tutto il suo lavoro si racchiude nel tentativo di raggiungere quel vino, e secondo lui la fortuna (ma secondo noi anche la bravura) ha voluto che tutti i vini che ha prodotto puntando al suo vino “perfetto” siano stati apprezzati e abbiano incontrato il gusto degli appassionati, portandolo agli allori quasi suo malgrado.
Finalmente, dopo più di un’ora di chiacchierata, ci porta in cantina e ci fa assaggiare qualche vino. I vini bianchi dell’annata 2019 sono in scatola, pronti per la spedizione. Verranno venduti tutti prima di Natale. Da Miani la maggior parte dei vini porta il nome del vigneto in cui sono prodotti, e di cui sono la perfetta espressione. Nascono così il Friulano “Filip”, la Ribolla “Pettarin”, la Malvasia “La mont di Zuc”, lo Chardonnay “Baracca”, il Sauvignon “Zitelle” e il famosissimo Refosco “Calvari”.
Dopo circa 12 mesi di affinamento in barrique, assaggiamo il Friulano Filip 2019 e la Ribolla Pettarin 2019, entrambi vini freschi e sapidi, di lunga persistenza, ottimi subito ma che puoi dimenticare in cantina per ritrovarli tra parecchi anni ancora più profondi e capaci di esprimere appieno l’anima di questo territorio.
Vini da comprare purtroppo non ce ne sono, ma lasciamo la cantina con la gioia di aver conosciuto un vero artigiano del vino, capace di trasmetterci l’amore per la sua terra e l’orgoglio del suo lavoro. Grazie Enzo, a presto.
di Rosa Prisciandaro