Gravner Ribolla 2012, Orange wine in degustazione

Gravner Ribolla 2012, Orange wine in degustazione

Eh sì, perché quando si parla di vini macerati, non si può non pensare al luogo dove tutto è cominciato, in quell’angolo di Italia nell’estremo nord-est che si chiama Oslavia, piccola frazione di Gorizia sulla strada per San Floriano del Collio, e al viticoltore che in Italia è considerato il creatore di questa tipologia di vini: Josko Gravner.

Orange wine è il termine usato negli Stati Uniti e in Gran Bretagna per classificare questi vini dal colore ambrato e distinguerli da White, Red e Rosè, ma dato che anche i vini passiti possono assumere questa tonalità, probabilmente è più corretto il termine che usiamo noi, cioè vini bianchi macerati.

Sono vini che vengono ottenuti vinificando le uve bianche come se fossero rosse, quindi fermentazione a contatto con le bucce per un periodo che può andare da pochi giorni a diversi mesi, a cui fa seguito un lungo affinamento in botti grandi.

Non tutte le uve sono adatte a questo tipo di vinificazione ma la ribolla gialla, grazie alla sua buccia spessa e ricca di composti aromatici, è una di quelle che meglio si presta ad una lunga macerazione.

Naturalmente la lavorazione non è facile, si estrae tutto ciò che c’è di buono e di cattivo, quindi fondamentali sono sanità dell’uva, maturazione perfetta, rese bassissime e una cura estrema in vigna e in cantina. Il vigneto va impostato dall’inizio per questo scopo, spesso con coltivazione biologica o biodinamica, e sempre con grande rispetto per la terra.

L’uso della tecnologia è al minimo, la fermentazione si innesta spesso con i soli lieviti indigeni, e per questo motivo il limite tra bontà e difetto è molto risicato. Se il vino è fatto a regola d’arte, non presenterà odori non piacevoli o spunti acetici, perché questi sono difetti che non sono giustificati dalla cosiddetta “naturalità” del vino. Un po’ di torbidezza dovuta al non filtraggio è frequente anche se i migliori vini macerati sono cristallini, in quanto le vinacce quando sono esauste vanno sul fondo, lasciando il vino limpido e pronto per la svinatura.

Josko Gravner è sempre stato un viticoltore innovativo, curioso, leader nell’epoca delle moderne tecnologie in cantina come nell’uso delle barrique quando queste erano considerate indispensabili per l’evoluzione dei vini.

A metà degli anni ’90, insieme ad un gruppetto di amici produttori tra cui Stanko Radikon e i fratelli Bensa (La Castellada), si rende conto che la strada che ha intrapreso non lo soddisfa, i suoi vini non rispecchiano più il territorio, sembrano aver perso identità.

Rivoluziona così il suo modo di lavorare, a partire dalla vigna, dove imposta il principio del NON FARE, di intervenire il meno possibile, e inizia a vinificare la sua ribolla gialla a contatto con le bucce, come si faceva nel primo dopoguerra, convinto che in questo modo avrebbe elevato il vitigno alle sue più alte espressioni.

Dopo qualche anno di tentativi, dal 2001 inizia ad usare per la fermentazione le anfore (Kvevri) fatte arrivare dalla Georgia e finalmente trova il suo stile: da un’antica tradizione a una nuova strada da percorrere. I primi anni non sono stati facili, ricevette anche alcune critiche da giornalisti ed esperti che non comprendevano questo cambiamento radicale, ma Josko non è più tornato indietro, convinto della qualità e della unicità del suo vino.

Il suo vino è il suo pensiero, e il suo pensiero è il suo modo di stare nel mondo

Il tempo gli ha dato ragione, la tecnica si è affinata, l’esperienza ha fatto il resto e i suoi vini oggi sono conosciuti e apprezzati in tutto il mondo.

La ribolla gialla è diventato il vitigno simbolo dei vini macerati, tanto che dal 2010 diversi produttori si sono riuniti insieme a lui nella Associazione Produttori Ribolla di Oslavia, un progetto comune il cui obiettivo è comunicare l’identità di un unico vino attraverso la gente che lo produce e lo interpreta.

Ed eccoci arrivati al vino di oggi, la Ribolla Gravner 2012, che proprio in questi giorni viene messa sul mercato. È un vino che va ossigenato qualche ora e va servito ad una temperatura di 15 – 18 °C per gustarlo al meglio.

Le uve di Ribolla, raccolte ben mature nel mese di ottobre, dopo una pulizia manuale per eliminare ogni acino imperfetto, sono passate nelle anfore interrate dove hanno subito sia la fermentazione alcolica che la malolattica. La macerazione è durata fino a marzo con follature effettuate tre volte al giorno manualmente. In primavera dopo la svinatura il vino ha sostato in grandi botti per 15 giorni ed ancora in anfora per sei mesi. Nel mese di settembre è stato messo ad affinare in grandi botti di rovere per 7 anni.

2012 annata piovosa, vendemmia difficile terminata il 2 novembre. Uve parzialmente colpite dalla botrite. Il colore è giallo ambrato, nel bicchiere ruota lentamente, con fitti archetti densi e luminosi. Il naso è intenso e fine, con sentori di frutta candita, uva passa, fiori d’acacia ed erbe aromatiche, interminabile. Al gusto è secco e fresco, entra in bocca sottile e affilato, ma la nota botritica si sente permettendogli di espandersi con note di albicocca disidratata e agrumi, sapido e lungo. Piacevole il contrasto tra naso e bocca, colpisce la leggera trama tannica che gli dona struttura. Unico.

Come dice Mateja Gravner, figlia di Josko e insostituibile collaboratrice, “l’abbinamento non è importante quando il vino è buono”. Mi confida il ricordo di un piatto di medaglioni di cervo con uova di trota di San Daniele, a cui inizialmente si pensava di abbinare un vino rosso; tornati sulla Ribolla macerata l’improbabile abbinamento si è dimostrato poi quello vincente.

Rosa Prisciandaro

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