Questa volta mi trovo nella splendida Isola d’Elba e anche se la vacanza è breve eccomi alle prese con il mio solito reportage enologico, d’altra parte non riesco a sottrarmi al desiderio di scoprire nuove realtà produttive e nuovi progetti. Il mondo del vino è immenso, sempre affascinante, muta e si evolve nello spazio di pochi chilometri oppure ti regala novità a sorpresa in qualsiasi momento, occorre però essere armati di curiosità e abbandonare l’ufficio per immergersi nel vero.
Mi trovo in una parte dell’Elba dove la costa luccica, qui la luce del sole fa brillare i piccoli frammenti di minerali ferrosi che si trovano sulle spiagge regalando a noi visitatori un magico scenario, un effetto scintillante che mi mette la giusta energia per visitare anche l’entroterra e raggiungere Aldo Claris Appiani, titolare dell’azienda agricola Le Sughere.
Percorrendo con lentezza la strada che da Rio Marina porta in località Ortano, si risale per un breve tratto una stradina sterrata immersa nella boscaglia, poi all’improvviso scorgo una nuova vallata e la struttura della Cantina con il grande portone in legno, immagine che mi riporta alle belle dimore di campagna. Non dimentichiamo che ci troviamo nel cuore minerario della parte orientale dell’Isola, intorno a noi dimorano boschi di lecci e querce da sughero, spunta anche qualche vecchio terrazzamento abbandonato. I vigneti di Le Sughere crescono degradanti verso il mare da un lato e immersi nella macchia mediterranea dall’altro.
L’incontro con Aldo diventa l’incontro con la sua storia e con il suo complesso patrimonio di vita, un uomo che definirei illuminato che ad un certo punto si fa reduce da una vita trascorsa a Milano come medico, ritorna alle terre di famiglia avviandosi così al mestiere nuovo! A 50 anni sente dentro di sé la forza della storia ereditaria e quel profondo rispetto per l’espressione di questa natura così generosa, se la sai sfruttare con l’onesto lavoro. L’azienda Le Sughere nasce nel 2005 e si estende per 35 ettari di proprietà, di cui 8 coltivati a vite su terreni ricchi di scheletro e minerali.
La motivazione principale che anima il lavoro di Aldo è la custodia di un prezioso territorio, rispetto e sentimento per una terra dalla vocazione antica dove l’attività agricola ebbe un glorioso passato. Nel fare i vini c’è il dovere di mettere a frutto una corretta enologia, sapiente dosaggio di luce e calore per raggiungere una naturalezza espressiva che è l’essenza di questo “Terroir Elbano”. Caratteristiche che si riscontrano in tutta la rosa dei vini Le Sughere, dove l’attenzione è rivolta agli antichi vitigni autoctoni come l’Ansonica, il Procanico e l’Aleatico, indiscusso re di quest’isola dal quale nasce l’Aleatico Passito DOCG, vino dolce ottenuto da naturale appassimento delle uve al sole.
Aldo è piuttosto restio alla classica degustazione dei vini ribadendo che il miglior modo per comprenderli a fondo e scoprirne la loro vera anima è quello di accostarli ai piatti della cucina del territorio, pertanto non insisto e tra una chiacchera e l’altra ci concediamo solamente un paio di assaggi a mia scelta.
MINIERA, da uve Ansonica, vitigno mitologico che si lega all’isola d’Elba sin dal tempo dei Greci, probabilmente un incrocio di due antiche uve dell’Egeo, varietà dalla buccia molto resistente ed una polpa croccante. La versione che assaggio è del tutto originale : il Miniera prevede un breve appassimento delle uve (circa 3 giorni) poi una lenta macerazione sulle bucce per 2 giorni a temperatura controllata, questo permette di estrarre a freddo i tipici profumi di macchia mediterranea, frutta gialla matura e una piacevole nota mielata, tra il dolce e il salato. La fermentazione avviene in vasche di acciaio in modo spontaneo, segue poi un affinamento di 12 mesi in piccole botti di legno, tempo necessario per conferire al vino quel tocco vellutato e quella morbidezza al palato che lo rende armonioso, senza snaturarlo nelle sue componenti di tipicità. È un vino che ho molto apprezzato perché capace di farti sentire il vero gusto del territorio con il suo sapore genuino. Al sorso mi è arrivato un gusto pieno, senza alcun eccesso, si percepiva tutto lo slancio dell’uva matura, freschezza e sapidità sono ben bilanciate verso un finale di buona persistenza, dove ritornano quelle fini note olfattive che mi riportano ai profumi che sento percorrendo queste strade tra i boschi.
PROCANICO DELL’ELBA, deriva da una particolare varietà di Trebbiano Toscano da sempre presente all’Elba e chiamato anche Procanico Rosa, poiché nei suoi acini sono presenti delle particolari venature color rosa violetto. La vinificazione di queste uve è di tipica ispirazione Toscana : breve macerazione a freddo e fermentazione spontanea in vasche di acciaio, nessun intervento di chiarifica e filtrazione per poter conservare tutto il carattere naturale di questa varietà così rappresentativa. Al brindisi con Aldo il vino è apparso luminoso e intenso nel colore, in bocca di buon corpo e spiccatamente isolano per quel mix intrigante di sale e minerale, i profumi mi riportano nuovamente alla banchigia bagnata dal mare, ai fiori bianchi appassiti e le erbe aromatiche che crescono selvatiche in queste colline.
Una cosa è certa : i vini dell’Elba meritano di essere conosciuti non solo quando si viene in vacanza ma anche in giro per l’Italia e all’estero, qui però si apre un delicato approfondimento che cercherò di riassumere in poche righe. La viticoltura Elbana degli anni 40 e 50 del Novecento rappresentava una grande risorsa per l’economia dell’isola, un quarto della superfice totale era destinata alla coltivazione della vite; dei circa 5000 ettari di vigneti antichi ne rimangono oggi solamente 300 circa e destinati a piccole produzioni locali, dove si è cercato di recuperare anche vecchie vigne abbandonate e impostare un preciso disegno enologico. Come mai questo declino? L’avvento del costante sviluppo turistico ha concentrato le attività locali in costruzioni e servizi costieri, mentre la macchia mediterranea e l’imboschimento ricoprivano gran parte dei terrazzamenti costringendo la viticoltura in zone più pianeggianti e più comode. C’è però una grande potenzialità che ora contrasta con un quadro produttivo piuttosto limitato, occorrerebbe un progetto politico di valorizzazione di tutta l’area Elbana tramite scelte coraggiose e strutturali, un piano generale che punti decisamente alla qualità di queste varietà autoctone eliminando l’esasperato campanilismo dei piccoli produttori. Oggi manca un’unione coesa e determinata, che affiancata ad una forte promozione estera potrebbe portare alla grande affermazione del “Terroir Elbano”.
Loc. Le Giudimente, Rio Marina (LI)