L’importante è finire

L'importante è finire

Non sarebbe arrivato nessuno fino a domani mattina. Lo sapevano entrambi. Qualche cracker, un po’ di formaggio e una bottiglia di vino. Faceva freddo in quella stanza, ma comunque era la più calda.

Non si parlavano da mesi e non avrebbero mai pensato di ritrovarsi in quella situazione, intrappolati dalla neve che continuava a scendere come la notte e senza poter sperare di farsi raggiungere. Al sicuro, in ogni caso. 

Cominciò lei, come sempre, mentre lui era distratto. Non si dissero mai nulla. Non appena la pelle cominciò a sfiorarsi, il calore salì, con un sussulto, come un bollitore appena acceso. Le schiene iniziarono dal basso a spingere solletico sul collo che sembrava uno scoglio ed ogni passaggio di lingua un’onda, in un oceano rumoroso e pronto ad infrangersi.

I vestiti a brandelli, vicino al fuoco che era anche l’unica luce. Le mani profonde toccano tutto, parlano, dicono tutto ciò che non riesce la lingua che parla un’altra lingua, con un’altra lingua. Ad alzarsi non è solo la Luna e ad ingrandirsi non è solo di desiderio. 

Si urlarono i respiri affannosi agli orecchi stringendosi sempre più forte con le braccia e con le gambe incuranti di tutto e pretendendosi profondamente e in profondità.

Il respiro accelera, poi un grido, e più profondo ancora il silenzio. Finirono la bottiglia sorso a sorso gustando ogni singolo ricordo. Da un momento all’altro il sole avrebbe bussato ai loro occhi. Non si sarebbero ancora detti nulla, ma si sarebbero aspettati per sempre.

Matteo Bellotto

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