Ci sono parole che usiamo tutti i giorni e delle quali siamo convinti di conoscere il significato. Le indossiamo come fossero abiti presenti nel nostro armadio da sempre, che indossiamo sempre senza pensarci troppo con una sicurezza granitica e perfettamente dentro il perimetro della nostra zona di conforto. Non sempre è così.
La parola identità, senza volerla trattare dalle origini non essendo questo il luogo adatto, viene spesso utilizzata quando si parla di vino.
Riferita ad esso l’identità si può dire sia la somma tra terra ed esperienza, dove la terra è chiaramente legata alla geografia e geologia del luogo, mentre l’esperienza diventa un altro contenitore che rende il termine identità non singolare ma plurale. Identità, infatti, non muta nella nostra lingua al plurale e fa abitare dentro di sé innumerevoli espressioni della persona e di conseguenza del vino.
L’identità, in Friuli, è talmente frastagliata e cangiante che troppo spesso diventa difficile e faticoso spiegare all’estero quella che per noi è una ricchezza, che se non gestita rischia di tramutarsi in un forte limite. Il Friuli ha una verità in ogni cantina e come spesso accade molte verità vanno in contraddizione l’una con l’altra.
L’unica matrice comune è la terra, naturalmente. Esprimere un territorio attraverso il vino è un qualcosa che supera l’enologia ed entra a far parte del mondo dell’arte. In particolare della musica: la musica esprime il tempo in cui viene composta.
Se ascoltiamo i Beatles vedremo davanti a noi gli anni 60, ad esempio, e via dicendo. Il vino riesce ad esprimere il momento della sua nascita, dell’annata e del luogo, riesce a darci le coordinate della sua anima e con queste coordinate ci guida verso la conoscenza di noi stessi e della nostra identità attraverso i sensi e attraverso quella forma di conoscenza personale che è generata dalle sensazioni che il vino stesso suscita.
Il vino, nell’esprimere la sua identità, ci garantisce l’accesso alla nostra, per analogia o contrasto. Per questo motivo la ricerca di una sola identità rischia di essere spesso una fatica non capace di portare a termine il proprio intento, ma l’accogliere le identità che si riconoscono diventa un’altra magia espressa dal vino.
Siamo moltitudini, e durante le nostre vite cambiamo molte cose. Ritrovarci e riconoscerci è quell’equilibrio che ci permette di avere sempre voglia di scoprirci.
Matteo Bellotto
(Photo credits: Maksym Kaharlytskyi)