La tenerezza è un sentimento ambiguo in Friuli. Non si manifesta in maniera plateale e va cercata in piccoli gesti. È sempre presente ma si nasconde, esce piano piano piano ed è portata avanti dal risveglio dei sensi, dai profumi, dagli abbracci e da sapori che ripercorrono il tempo in una continua rincorsa ai ricordi. Troppo spesso i ricordi non diventano progetti e il nostro sguardo si gira poco verso l’ampiezza del futuro per ricercare qualcosa di già noto e più rassicurante.
Ci sono momenti, nella notte, dove le nostre sensazioni si siedono ad un tavolo a parlarsi, ad ascoltarsi, a confrontarsi l’un l’altra in silenzio. Lì possiamo ritrovare l’esplosione dell’anima schiva di un Friuli orgoglioso, ma non abbastanza sicuro di sé stesso.
Quando la vite trova dimora e le sue radici abitano le colline la sua vita parte piangendo, ma un pianto di gioia. Conosce perfettamente il futuro dei suoi grappoli e li affida alle mani e all’anima di chi li cura cercando di raccontarsi con gli uomini che portano nei bicchieri il Valore di essersi spesi per liberare la nostra tenerezza.
Ci sono vini che raccontano di quella tenerezza nascosta e ci restituiscono la cortesia di parlare per noi, di uscire nel mondo a raccontare tutto quello che taciamo per pudore o insicurezza. Da loro possiamo imparare ciò che ci nascondiamo.
Versarsi un bicchiere di vino, di notte, in silenzio e solitudine, ci rende partecipi del movimento che la nostra anima oppone alla stasi della nostra ragione. Quel vino non ha paura di raccontarsi perché non nutre interesse nell’essere giudicato e non ci giudica. Ci guida dentro la terra e dentro le radici che ci accomunano con un linguaggio liquido che ascolta i nostri silenzi teneri ed imbarazzati.
Il bacio della buona notte è quello che ci fa chiudere gli occhi e separa il giorno dai sogni. Ci insegna a sognare e a smettere di nascondere la nostra tenerezza, il nostro amore e a lasciare che l’imbarazzo sia soltanto il sorriso di chi si lusinga.
Matteo Bellotto
(Photo credits: Daniel Vogel)

