Le madri, in Friuli, sono la spina dorsale della terra. Sono l’emblema dello spirito di sopportazione, della resistenza alla fatica, dell’energia vitale, della laboriosità, della sopportazione al dolore. Sono capaci di contenere nelle mani tutte le rassicurazioni e tutti i rimproveri per abbatterli sul nostro viso a ripassare le fossette dei sorrisi o a raccogliere le lacrime dei dubbi.
Le madri, in Friuli, sono quelle che permettono agli uomini di essere fragili, di concedersi una pausa dalle fatiche facendogli credere che le compiano solo loro, di incontrarsi nelle osterie di paese a raccontarsi tra loro le frustrazioni che li accomunano, ma senza dirsi niente.
Le madri, in Friuli, sono le depositarie del calore, sono le mura antisismiche che proteggono sempre ciò che amano anche capaci a chiedere di meno per loro stesse.
Il vino è donna ed è madre, è il midollo spinale della terra, la sostanza preziosa che un tempo nutriva ed oggi non va trattato con leggerezza. Il vino è quel prezioso legame con le madri, è il collante di un pensiero collettivo, è un punto di riferimento nel momento in cui ci perdiamo senza sapere chi siamo.
Il vino è donna e madre, colei che è sempre capace di ricordarci chi siamo e da dove veniamo e soprattutto dove potremo sempre tornare, perché è da un unico punto che è nata la nostra forza.
Ogni sorso non va dato per scontato, come l’amore, perché quell’emozione, quell’epifania di sapore è nascere ogni volta, perché ci permette di stupirci, di smentirci, di partire sempre da zero ed essere gli uni accanto agli altri e non contro gli altri, accomunati dall’abbraccio sghembo delle sensazioni.
Il vino è madre e donna ed è la forza di un Friuli che ha imparato a resistere e che ora, finalmente, dovrebbe cominciare ad imparare a sorridere.
Matteo Bellotto

